Pilati Massimiliano

Sono nato a Trento il 14 agosto 1973. Vivo a Martignano con Francesca, la mia compagna di vita da dieci anni, e con Margherita, una splendida bimba di 10 mesi.
Sono agronomo e mi occupo di progetti di sviluppo locale e di corsi di formazione per agricoltori per la Confagricoltori del Trentino; collaboro con un ente di certificazione del biologico.

Sono attivista del Movimento Nonviolento, per la cui rivista, “Azione Nonviolenta”, curo mensilmente una rubrica che si occupa delle iniziative delle associazioni lillipuziane.

Sono uno dei fondatori del Nodo Lilliput di Bologna di cui sono stato referente.

Sono stato per due anni referente nazionale del Gruppo di Lavoro Tematico “Nonviolenza e Conflitti” di Rete Lilliput, gruppo che si occupa di proporre, elaborare, diffondere iniziative legate all’opposizione integrale alla guerra e alla diffusione di una cultura basata sul dialogo e la nonviolenza.

Faccio parte della segreteria organizzativa di Rete Lilliput del Trentino per cui seguo anche le questioni legate agli OGM e al mondo dell’agricoltura.

Rappresento il Movimento Nonviolento nel Forum Trentino per la Pace e nella Rete Italiana per il Disarmo.

Da poco, a Lavis, assieme ad altre persone, agisco in “Impronte”, un laboratorio di partecipazione: una sorta di gruppo informale che ha come obiettivo principale lo stimolare la partecipazione attiva della cittadinanza alla vita politica e sociale del paese. Ci ispira lo slogan di Aldo Capitini: “ASCOLTARE E PARLARE”.

Tendenzialmente amo l’ozio ma mi sento un “portatore di speranze collettive” e allora sono una di quelle bestie da soma che si sorbiscono carichi smisurati di lavoro nel sociale... ma da quando c’è mia figlia Margherita sto limitando notevolmente queste mie attività per poter stare con lei.

Metto gioia e non rabbia nel mio impegno quotidiano.

Sono vegetariano.

La bellezza salverà il mondo

Relazione - Partecipazione: un primo passo per fermare le guerre

Il mio nome è Massimiliano Pilati, abito a Martignano. Sono militante di Rete Lilliput, una rete di associazioni e persone costituitasi allo scopo di costruire una più forte resistenza contro scelte economiche che concentrano il potere nelle mani delle imprese multinazionali e che antepongono la logica del profitto a quella della dignità umana. Quest’ultima viene attaccata e portata verso l’annichilimento ogni giorno di più dalla guerra e dai conflitti armati in generale. Per questo il mio impegno dentro la Rete di Lilliput è incentrato soprattutto sull’opposizione alle guerre, siano esse “giuste”, “sante”, “umanitarie”, “chirurgiche”, “difensive”, “offensive”, “legittime”, “illegittime” o “preventive”. La guerra, oggi storicamente, fatta da chiunque, per qualunque motivo, con qualsiasi arma, è sempre e comunque il più grande crimine contro l’umanità.

Un punto di vista “lillipuziano”

Forse, dal punto di vista di chi governa (o almeno questa è la mia percezione), io cittadino, non ho la capacità di analisi internazionali precise nei minimi dettagli. In occasione dell’intervanto armato in Iraq, per il mio essere ostinatamente pacifista sono stato indicato nel mucchio di “quelli che non capiscono”. Non è così, so che il politico lungimirante è colui che costruisce la sua azione poggiandola su degli ideali condivisi dai cittadini al cui servizio si è assunto l’impegno di operare. Credo che la politica sia servizio e non strumento per detenere il potere, cercando di perpetuarlo il più a lungo possibile. In politica estera l’ideale condiviso dai cittadini e proclamato dalla Costituzione è quello della Pace, perciò se c’è qualcosa che davvero non capisco è perché ogni qual volta una parte politica sale al potere (e questo riguarda anche le istituzioni locali, non solo il governo italiano) essa debba piegare gli impegni per la Pace precedentemente assunti alle esigenze di una Realpolitik che si muove su binari decisamente diversi. Questo ammetto amaramente di non capirlo… e forse di non volerlo nemmeno capire.

Ormai è sempre più chiaro che le politiche guerrafondaie di molti, troppi, governanti di questo mondo richiedono un impegno continuo e diffuso di opposizione quotidiana alle guerre. Non sarà più possibile per la società civile limitarsi a delle re-azioni a guerra già iniziata (anche se splendide come nelle molte mobilitazioni della primavera 2003). Le cittadine e i cittadini amanti della Pace dovranno essere in prima fila e di esempio per tutto il movimento dei movimenti, per le istituzioni e per i partiti nel cercare di essere sempre più pro-attivi contro le guerre e quindi sempre più attente e attenti nel lavorare e nel contrastare i molti segnali che conducono troppo spesso inevitabilmente ai conflitti armati.

Sono convinto che il definitivo salto di qualità avverrà nel momento in cui la collettività dei cittadini (compresi i loro amministratori) prenderà coscienza di come la violenza sia purtroppo elemento strutturale di un sistema che si regge su una economia di guerra. Ogni cittadino dovrà sentirsi attivo ed incidente e ogni luogo dovrà e potrà essere protagonista. Voglio credere che ciò cui abbiamo assistito e stiamo assistendo sia l’alba di questa presa di coscienza civile e istituzionale.

A mio giudizio, il primo dato che deve muovere il mondo politico alla riflessione su temi legati a Pace/guerra è la sensibilità dimostrata dalla cittadinanza trentina. La manifestazione più evidente dell’atteggiamento di partecipazione attiva al dibattito politico creato dall’alternativa Pace/guerra è stata senza dubbio la massiccia adesione di “cittadini comuni” alla campagna “Pace da tutti i balconi!”. A detta di molti osservatori Trento è stata una delle città italiane con il maggior numero di bandiere della pace sui suoi balconi. Non credo che a muovere il gesto di esporre la bandiera della Pace dalla propria finestra o la decisione di manifestare in piazza siano state azioni mosse dal sentimentalismo. La lettura che propongo mi porta a vedere nella popolazione trentina il diffondersi di una cultura della Pace, capace di uscire dall’indifferenza per le situazioni di crisi che si verificano fuori dai confini nazionali.

Più di chiunque altro voi, politici cui ci rivolgiamo in questa serata, sapete quanto sia difficile produrre nella società civile dei gesti che portino il singolo ad esporsi. Vi invito perciò ad osservare ed analizzare senza atteggiamenti preconcetti il moto che si è prodotto all’interno delle coscienze con l’ultimo conflitto iracheno o il sostegno e la vicinanza dimostrate dai trentini durante il rapimento di Simona Pari e Simona Torretta, perché certamente c’è un motivo se, nel momento in cui scrivo questo piccolo contributo, ancora da molti balconi sventolano le Bandiere della Pace, forse sbiadite, ma ancora ostinatamente presenti. Molte sono state ritirate, altre ancora lo saranno fra poco, ma sono convinto che ciascun cittadino che l’abbia riposta in un cassetto non l’abbia fatto perché si era convinto che la guerra in Iraq fosse conclusa nel momento in cui cadevano a Bagdhad le statue del dittatore Saddam Hussein.

Tutto questo mi porta a trarre due riflessioni. In primo luogo sono convinto che se mai di nuovo si producesse una situazione di tensione tale da prospettare all’orizzonte un nuovo conflitto internazionale, le Bandiere della Pace e le coscienze dei cittadini tornerebbero di nuovo orgogliosamente ad essere esposte ed anzi, il loro numero aumenterebbe ancora, spero fino al punto di bloccare finalmente i venti di guerra. In secondo luogo ritengo che i segni lasciati sulle coscienze di coloro che hanno partecipato al movimento nato spontaneamente per fermare la guerra sono rimaste segnate in modo indelebile. Credo che il frutto più bello della campagna "Pace da tutti i balconi!" sia aver fatto comprendere una cosa fondamentale: che con il contributo di tutti e di ciascuno, per quanto piccolo possa sembrare. Insieme, cittadini e istituzioni, si può arrivare a risultati grandi, a piccoli passi e con sacrificio si possono modificare situazioni che sembravano fuori portata. Ora è importante che questa inestimabile ricchezza umana non si disperda.

Una Piccola proposta concreta: La trasformazione nonviolenta dei conflitti locali

Solo attraverso la lenta via del dialogo e della riconciliazione si possano cambiare le cose in questo mondo; sono convinto che per avere la Pace occorra entrare nei conflitti ed abitarli.

Anche se ritengo che le nostre istituzioni locali dovrebbero essere più sensibili ai grandi problemi internazionali e affrontare il problema della guerra con sempre maggiore determinazione, trovo indispensabile porre altrettanta attenzione nel momento di affrontare i piccoli, medi e grandi conflitti locali. Sarebbe assurdo accettare di lavorare con interventi nonviolenti in Palestina, in Iraq e nelle zone di guerra e poi adottare una mera politica di “repressione” nel territorio di Trento.

Troppo spesso coloro che sono incaricati di “gestire” i conflitti sono rappresentanti delle forze dell’ordine che intervengono quando il livello della violenza è già alto, senza spesso possedere strumenti alternativi alla (pur talvolta legittima) forza. Sarebbe importante che anche nel comune di Trento si cercassero e si sperimentassero soluzioni alternative alla conflittualità sociale, ai problemi di micro criminalità, di bullismo, di disagio e devianza giovanile.

Ci sono già delle interessanti esperienze di intervento nonviolento in varie parti di Italia. A Bolzano, ad esempio, è attivo da qualche tempo un laboratorio per la risoluzione nonviolenta dei conflitti che opera anche in accordo col Comune e che interviene in zone socialmente degradate dove piccoli problemi causano situazioni potenzialmente pericolose.

Dopo che esperimenti del genere hanno dato ottimi risultati in varie nazioni di Europa, anche in Italia si vanno diffondendo percorsi per la formazione di Centri per la mediazione e la gestione costruttiva Conflitti (interpersonali e di lieve entità). Ciò permette di "gestire" il conflitto nella sua fase iniziale (quella che viene solitamente ignorata dalle Istituzioni) evitando "escalations" pericolose.

Sarebbe auspicabile che anche a Trento si scelgano delle soluzioni del genere.

Proposte concrete:

· attivare corsi di formazioni per mediatori del conflitto;

· istituire anche a Trento un Centro per la mediazione e la gestione costruttiva dei conflitti;

· continuare a sostenere e implementare le iniziative già presenti sul territorio nell’ambito dell’educazione al conflitto e alla pace;

· favorire percorsi formativi nelle scuole, con l'obiettivo di far scoprire e sperimentare il conflitto come momento di crisi, che, se gestito correttamente, favorisce la crescita della persona.

“Una civiltà si rafforza con la sua determinazione morale

molto più che con nuove armi.”

(Tiziano Terzani: lettere contro la guerra)