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Viaggiare i Balcani (ViB) nasce nel 2002 dall'iniziativa delle associazioni trentine "Associazione Progetto Prijedor" e "Associazione Tremembè" come programma specifico dedicato allo sviluppo del turismo responsabile nell'Europa sud-orientale.

Il progetto, nato a partire dalle relazioni di cooperazione comunitaria ormai consolidate fra l'associazionismo trentino e diversi territori dell'Europa di mezzo, ha avuto ed ha come obiettivo quello di far conoscere una regione della quale in genere si colgono solo gli stereotipi e i luoghi comuni, quando in realtà vi ritroviamo straordinarie ricchezze sia di carattere ambientale che culturale, ma anche tracce importanti di una comune storia europea.

Maggiori info su www.viaggiareibalcani.it

La Bosnia Erzegovina

Introduzione
Sono passati oramai quasi sei anni dalla firma degli Accordi di Dayton, che hanno messo fine alla guerra in Bosnia Erzegovina, ed ancora si sta cercando di dare alla pace ed a questo paese un futuro stabile e sostenibile.

La presenza internazionale, sono ancora 22.000 i soldati della Forza Internazionale di Stabilizzazione SFOR dislocati sul territorio, se da una parte resta fondamentale per evitare nuove escalation tra le comunità e nazionalità costituenti la Bosnia Erzegovina dall'altra ha creato una dipendenza, soprattutto dal punto di vista economico, dalla quale sarà difficile uscire. Ancora rilevante il problema dei rifugiati e degli sfollati interni causati dal conflitto. Il ritorno alle proprie case in alcune aree è divenuto realtà ma in molte altre questo processo è completamente congelato. Questo contribuisce a rendere la situazione ancora precaria ed è uno degli aspetti che impedisce una progressiva normalizzazione.

Una delle sfide principali che i cittadini bosniaci assieme alla comunità internazionale, rappresentata in primis da Wolfgang Petrisch, Alto Rappresentante e responsabile dell'implementazione politico-civile degli Accordi, è quella di armonizzare tra loro le due entità costituenti lo Stato Bosniaco (Republika Srpska, 49% del territorio, abitata in prevalenza da cittadini della comunità serbo-bosniaca e Federazione, 51% del territorio, abitata in prevalenza dalla comunità musulmano-bosniaca e da quella croata) e di far sì che le istituzioni comuni funzionino e siano attive, cosa che fino ad ora non si è ancora verificato.

La fine dei regimi di Tudjman in Croazia e Milosevic in Serbia ha sicuramente raffreddato le velleità secessioniste rispettivamente dei croati dell'Erzegovina e dei serbi della Republika Srpska ma la forte instabilità politica di tutta l'area balcanica certo non aiuta a far uscire la Bosnia Erzegovina dall'impasse.

La Bosnia Erzegovina in breve
La Bosnia Erzegovina si trova nella parte ovest della penisola balcanica, confina a nord, ovest e sud con la Croazia ed a est con la Federazione Jugoslava. I suoi 51,197 km2, suddivisi tra le due entità della Republika Srpska (25,208 km2) e della Federazione (25,989 km2), sono in prevalenza collinari e montagnosi. Molti i fiumi che l'attraversano, tra questi la Sava, la Drina e la Neretva che ci rimandano idealmente ai ponti per attraversarli vero simbolo architettonico della Bosnia Erzegovina; simbolo prima della convivenza tra le sue comunità costituenti, poi con il loro bombardamento e distruzione della divisione causata dagli anni della guerra ed infine, con la ricostruzione, della speranza in una nuova Bosnia multietnica.

Secondo un censimento effettuato nel 1997 la popolazione era di 3,559,736 persone. Di molto inferiore a quella residente in quest'area nel 1991 che era di 4,377,033 persone. La guerra ha infatti causato un ingente movimento di popolazione non solo all'interno della Bosnia Erzegovina ma anche verso l'estero. Nonostante i 500.000 ritorni calcolati al 1999 sono ancora circa 1,000,000 le persone originarie della Bosnia Erzegovina all'estero, per la maggior parte giovani, manodopera specializzata ed intellettuali.

Le lingue ufficiali sono bosniaco, croato e serbo che, tralasciando minime differenze lessicali e nella pronuncia, sono identiche tra loro. La moneta ufficiale è il KM o marco convertibile che si cambia a parità fissa 1:1 con il marco tedesco.

Le vicende degli anni '90
Il primo marzo del 1992 i bosniaci seguendo l'esempio di croati e sloveni, si espressero per l'indipendenza della Bosnia Erzegovina ma il referendum venne boicottato dai serbo-bosniaci, determinati a rimanere nella nuova Jugoslavia oramai limitata a Serbia e Montenegro. Il conflitto scoppiò quando venne dichiarata l'indipendenza nell'aprile del 1992. Le milizie serbo-bosniache, con il sostegno dell'esercito jugoslavo, riuscirono ben presto ad occupare 2/3 del territorio e proclamarono la Repubblica serba di Bosnia. La Comunità Internazionale fallì ripetutamente nel cercare di fermare le violenze ed anzi nel 1993 si aprì un nuovo fronte e cioè quello tra governo centrale bosniaco a guida musulmana e croati dell'autoproclamata Herceg Bosnia.

Spaccata sulla necessità di un intervento militare la Comunità Internazionale riuscì solo a proclamare zone protette che poi non ebbe la forza di proteggere dagli assalti delle milizie serbo-bosniache. Tragicamente famosa la strage di Srebrenica, zona protetta occupata dalle truppe del generale serbo Mladic.

Nel 1994 con forti pressioni diplomatiche sulla Croazia si pose fine al conflitto croato-musulmano ed infine dopo i bombardamenti NATO sulle postazioni serbe ed a seguito delle avanzate dell'Armja bosniaco-musulmana e dell'HVO croato si arrivò agli Accordi di Dayton, siglati negli Stati Uniti nel dicembre del 1995.

Gli Accordi sancirono più un congelamento della situazione che una pace effettiva e in tutti gli anni successivi è in questa direzione che la Comunità Internazionale ha tentato di spingere. Difficile è però superare tre anni e mezzo di atroci violenze e di pulizia etnica.

Istituzioni e politica
L'attuale struttura politico-istituzionale della Bosnia Erzegovina viene prevista dagli Accordi di Dayton (novembre-dicembre 1995) che hanno messo fine ai tre anni e mezzo di guerra in Bosnia Erzegovina. Gli Accordi rappresentano una sorta di Costituzione dello Stato bosniaco e prevedono una struttura statale molto particolare nata per l'esigenza di conciliare gli interessi e le volontà delle tre parti coinvolte nel conflitto e cioè serbo-bosniaci, musulmano-bosniaci e croato-bosniaci. Sono stati sottoscritti da tre leader, Milosevic, Tudjman e Izegbegovic, oramai usciti dal palcoscenico politico dei Balcani ma non per questo sono stati sconfitti i movimenti e le tendenze nazionaliste estreme che essi rappresentavano.

La Bosnia Erzegovina è costituita da due entità: la Federazione (croato-musulmana), 51% del territorio, e la "Republika Srpska", 49% del territorio. Dal 1998 inoltre la città di Brcko, nel nord-est del paese, è stata dichiarata da un arbitrato internazionale distretto autonomo ed ha un supervisore internazionale. Alla presidenza collegiale del paese siedono un serbo, un croato ed un musulmano che a turno, ogni otto mesi, si alternano alla carica di primus inter pares. Il Parlamento, rinnovato ogni due anni, è formato da 28 deputati eletti nella Federazione e 14 eletti nella RS. Il Consiglio dei Ministri ha la responsabilità di sei dicasteri (esteri, tesoro, commercio estero, integrazione europea, affari civili e comunicazioni, diritti umani e profughi) ed il primo ministro deve essere di etnia diversa da quella del primus inter pares della presidenza collegiale. Ogni entità ha poi istituzioni rappresentative proprie, strutture amministrative differenti ed una marcata autonomia nei confronti delle istituzioni comuni.

Nella struttura istituzionale architettata negli Accordi fondamentale è il ruolo dell'Alto Rappresentante, attualmente l'austriaco Wolfgang Petrisch, che è responsabile dell'applicazione civile-politica degli stessi. L'Alto Rappresentante può destituire ed interdire i funzionari pubblici che ostacolano l'accordo di pace e negli ultimi cinque anni ha acquistato sempre più poteri sino ad assumere anche quelli legislativi.

L'applicazione della parte militare degli Accordi è stata affidata alla NATO presente sul territorio con la cosiddetta Forza di stabilizzazione (SFOR), 22.000 uomini che mantengono il controllo sugli eserciti delle due entità. La ristrutturazione e la supervisione delle forze di polizia è stata invece affidata ai 2000 agenti dell'IPTF (International Police Task Force) che dipendono direttamente dall'ONU.

Ci si augurava che con la scomparsa dei tre maggiori attori e responsabili dei fatti di Bosnia anche la pace in questo paese si "scongelasse". Ma purtroppo difficile è ancora affermare l'unitarietà dello Stato bosniaco con due regioni quali la RS e l'Erzegovina a maggioranza croata che, seppur molto meno rispetto agli anni del primo dopoguerra, hanno spesso spinto per una annessione più o meno formale rispettivamente a Repubblica Federale di Jugoslavia e Croazia.

Si spera che i cambi di governo in Croazia e più recentemente a Belgrado, la nascita ed il progressivo affermarsi di partiti multietnici e fuori dagli schemi monoetnici caratterizzanti la rappresentanza politica in questi ultimi dieci anni, più avvedute scelte da parte della Comunità Internazionale possano stimolare e finalmente far operare le Istituzioni comuni che poco o niente sono riuscite a fare in questi anni di dopoguerra, paralizzate dai veti incrociati.

Nelle ultime elezioni del novembre 2000 non vi è stato però quel calo dei partiti nazionalisti che la Comunità Internazionale si aspettava. L'SDS in RS è divenuto ampiamente il partito con il maggior numero di seggi nel parlamento monocamerale, l'HDZ ha dominato tra gli elettori croato-bosniaci, l'SDA pur ridimensionata dai buoni risultati del partito socialdemocratico e multietnico, Sdp, ha tenuto bene. Come si afferma in un report dell'ICG:" le elezioni del novembre 2000 hanno dimostrato ancora una volta che l'impegno e lo sforzo internazionale sono stati incapaci di provvedere alla creazione di una struttura statale forte e funzionante, in grado di sopravvivere al ritiro della Comunità Internazionale" e si aggiunge in termini ancora più preoccupanti "...se in Bosnia Erzegovina non ci fosse stata e fosse tutt'ora una massiccia presenza internazionale, in particolare delle truppe NATO, gli Accordi di Dayton fallirebbero rapidamente..".

Economia
Se si confrontano i dati economici relativi al 1990 ed al 1991 con quelli dell'immediato dopoguerra e cioè del 1995 si nota un abisso: reddito pro-capite che crolla dai 2.400 USD a 500 USD, produzione industriale che si riduce al 10% del suo livello pre-bellico, disoccupazione che raggiunge la soglia del 90%.

Ma se si attribuissero questi dati esclusivamente alla guerra non si riuscirebbe a capire come mai, nonostante l'enorme sforzo di ricostruzione nel dopoguerra, l'economia bosniaca non sia mai veramente ripartita ed uscita dalla profonda crisi.

Tra le altre una delle varie motivazioni da tener in considerazione è che la struttura economica bosniaca era inserita in una struttura più vasta costituita dall'allora Repubblica Federale di Jugoslavia. Disgregatasi quest'ultima si è dissolto da una parte il mercato per il quale le imprese autogestite (caratterizzate quasi sempre da un gigantismo produttivo) producevano, dall'altra si sono spezzate molte filiere produttive. Un esempio: l'impresa Mira di Prijedor , nel nord della Bosnia Erzegovina, produceva biscotti. Questi ultimi venivano poi confezionati e distribuiti da una impresa affiliata a Zagabria. Con l'indipendenza della Croazia la Mira si è ritrovata senza confezionamento e sistema distributivo del proprio prodotto.

Il sistema produttivo jugoslavo era inoltre caratterizzato da imprese di grandi dimensioni che occupavano migliaia di persone e che non dovevano sempre rispondere al principio della copertura dei costi. Imprese ora chiuse da anni, con strutture e macchinari fatiscenti, impossibili da inserire nella nuova logica dell'economia di mercato.

Fino ad ora la comunità internazionale ha investito 5 miliardi di dollari per ponti, case, strade, elettricità, acqua, gas. Il 10% è stato utilizzato per far ripartire attività produttive.

Nonostante questo oggi la produzione arriva solo al 28% di ciò che usciva dalle fabbriche nel 1991. Uno studio di USaid ha dimostrato come nel 1998, senza i finanziamenti della Comunità Internazionale il PIL bosniaco si sarebbe aggirato attorno al -1%. Quella bosniaca può essere definita un'economia di sussistenza con larghe sacche di povertà. Secondo dati dell'UNDP a fronte di un salario medio nel 1998 di 297 KM sono necessari 477 KM per mantenere una famiglia di quattro componenti. E' vero che negli ultimi anni vi è stata una crescita costante del salario medio ma essendo anche il costo medio della vita in aumento il livello di reddito rappresenta il livello minimo per la sussistenza ed a volte neppure per questa. Sempre secondo dati dell'UNDP il 60% della popolazione bosniaca è sotto il livello di povertà. Anche il welfare è stato drasticamente ridotto alla metà di quello garantito nel 1991.

I dati ufficiali indicano una disoccupazione pari al 36% in RS e al 40% in Federazione. Queste statistiche sono però aleatorie in quanto l'entità della forza lavoro effettiva è molto difficile da quantificare a causa della diffusione del lavoro nero, dei movimenti interni della popolazione, del ritorno di profughi, della situazione inerente quei lavoratori di fatto senza occupazione ma ancora iscritti nei registri delle imprese per ricevere un salario di minima.

Per comprendere come la popolazione bosniaca riesca a sopravvivere non bisogna però dimenticare fattori quali l'esistenza di un'"economia grigia" che sempre dati dell'UNDP collocano nel 1998 tra il 56,3% ed il 67,5% nella formazione del reddito interno lordo, del ricorso alla seconda occupazione e delle rimesse dall'estero.

Nel quadro dell'economia bosniaca attuale non bisogna escludere gli organismi e gli enti internazionali non solo per quanto riguarda naturalmente l'apporto diretto di risorse mediante i progetti ma per quanto riguarda le opportunità di impiego che garantiscono. Lo stipendio medio di un lavoratore locale impiegato presso organismi internazionali può andare dagli 800 ai 1500 DEM al mese per le mansioni più semplici fino ai 2500-3000 DM al mese per incarichi che richiedono una qualifica professionale più elevata. Se da una parte questo concorre ad aumentare notevolmente il livello di vita e dei consumi dall'altra rischia di creare una sorta di dipendenza dell'economia bosniaca rispetto alla presenza internazionale (basti considerare i livelli degli affitti altissimi a cui si è arrivati a Sarajevo) e di creare notevoli disparità salariali per professionalità simili a seconda si sia dipendenti di una realtà locale od internazionale. Questo di certo non favorisce uno sviluppo equilibrato e sostenibile.

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